Perché noi siamo materia, non solo spirito
Per Santa Rosa, il 4 settembre mattina, sono stata a vedere questa mostra: “Tessere la speranza. Il culto delle Madonne vestite nella Tuscia”.
Migliaia di persone per vedere la Macchina sul piazzale, tantissime persone in chiesa e in ogni luogo accessibile del monastero.
A me la folla e la massa di gente non piace. Però stoicamente (e a denti stretti), mentre procedevo tra uno spintone e l’altro per farmi spazio, per entrare nel monastero, ho riflettuto.
Ho pensato quanto un’idea, una devozione, un sentimento, una speranza possa smuovere migliaia di persone.
E questo obiettivamente da sempre. Fin dagli albori della nostra storia su questo pianeta.
Siamo materia, non solo spirito. E quindi giustamente cerchiamo nella materia salvezza, conforto, piacere. Perché maneggiando la materia cerchiamo quel contatto con il divino e il soprannaturale che è in tutti noi. Ma che riusciamo a vederlo solo interfacciandoci con qualcosa’altro che è al di fuori di noi.
L’esempio che principalmente mi viene in mente è l’antico Egitto. La statua del dio veniva svegliata tutte le mattine. Nutrita, lavata, vestita con abiti puliti. Custodita in un luogo “nascosto” e non visibile alle persone, ma accudita quotidianamente da personale del tempio investito di questo ruolo speciale. La statua del dio che poi compariva e appariva in tutto il suo splendore nel corso di processioni pubbliche durante le quali tutti i fedeli godevano (finalmente) di questo speciale privilegio.
Spero di non apparire irriverente: ma è un’associazione di idee e culturale per cercare di rendere più naturali e più vicini a noi anche gli antichi.
Noi, loro, tutti abbiamo la stessa ricerca del divino, proviamo le stesse emozioni di fronte all’ignoto soprannaturale che ci circonda. E da sempre proviamo a renderlo concreto, per meglio comprenderlo e farlo nostro nella vita quotidiana…
Il divino si manifesta nei secoli XVIII-XIX
Il culto delle Madonne vestite ha un’ampia diffusione soprattutto nei secoli XVIII e XIX, mentre nel XX secolo incontra l’opposizione più o meno esplicita di alcuni vescovi.
Le vestitrici: un onore eccezionale
Spesso affidate alle cure di Confraternite (come la Madonna delle Grazie di Capranica), le Madonne vestite sono accudite dalle vestitrici, donne delegate dalla comunità a compiere il rito della vestizione, vissuto con grande coinvolgimento emotivo e sentito come un eccezionale onore.
Un abito nuovo o il proprio abito
La ritualità della vestizione consente un insolito avvicinamento tra il divino e l’umano ed è equiparabile ad una singola forma di preghiera che si può esprimere anche attraverso il dono alla Vergine di un abito nuovo o di un proprio abito.
Dai documenti di archivio sappiamo con certezza che la Madonna della Stella presso Oriolo Romano, ne aveva alcuni donati dalle principesse Altieri.
Negli abiti delle Madonne di Vignanello e Vallerano invece sono stati trovati cartellini cuciti con i nomi dei donatori e la data del dono.
Rivelarsi nello splendore
La vestizione è solitamente un’operazione che si compie a porte chiuse, e al termine la Madonna si manifesta in tutta la sua bellezza al’intera comunità.
Ma non sempre.
In alcuni culti la Madonna vestita non è visibile, alle volte è occultata dietro un quadro (come a Vignanello), o chiusa in sagrestia (come a Vitorchiano), per poi rivelarsi nello splendore di abiti e gioielli in occasione delle festività a lei dedicate, prima sull’altare e poi lungo le strade nelle processioni.
INFO
TESSERE LA SPERANZA. Il culto delle Madonne vestite nella Tuscia
Viterbo, Monastero di Santa Rosa (Sala del Quattrocento e Sala delle Colonne)
Dal 31 agosto al 26 ottobre 2019
Orari di visita:
9:30 – 12:30, 15:30 – 18:30
Ingresso libero