GLI ETRUSCHI: MAESTRI DI SCRITTURA
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L’opinione più diffusa riguardo la lingua etrusca è che questa lingua non sia stata ancora “decifrata”.
In realtà i testi che abbiamo, redatti in alfabeto di tipo greco e perfettamente comprensibili, possono essere letti con assoluta sicurezza.
Le difficoltà riguardano il significato delle parole e quindi l’interpretazione dei testi, aspetto questo che rende lo studio della civiltà, della cultura e della dimensione spirituale del mondo etrusco davvero affascinante.
I documenti esposti nella mostra allestita al MAEC di Cortona ci aprono quindi una porta per entrare nel modo di una delle più grandi civiltà del Mediterraneo.
La civiltà etrusca è stata la prima grande espressione culturale dell’Italia antica e, soprattutto, è stata una civiltà della scrittura. Purtroppo, però, i libri etruschi noi li conosciamo solo attraverso pochi frammenti pervenutici, perché tradotti e trasmessi da autori greci e latini.
Ma la ricerca archeologica ha confermato l’importanza della pratica della scrittura nel mondo etrusco: ad oggi si conoscono 12.000 iscrizioni.
La mostra di Cortona racconta attraverso reperti eccezionali, l’evoluzione della scrittura etrusca: dall’introduzione dell’alfabeto in Etruria intorno al 700 a.C. fino alla scomparsa dell’etrusco all’inizio dell’impero romano.
Tra i reperti esposti:
- le Bende della Mummia di Zagabria (ne parlo in maniera approfondita a pag. 84): un reperto davvero eccezione, un unicum! Il Liber Linteus (Zagrabiensis) è infatti il più lungo testo in lingua etrusca che conosciamo (circa 1200 parole) e, soprattutto, il solo esistente libro in lino. Si tratta di un telo di lino che era stato utilizzato per bendare la mummia di una donna del periodo Tolemaico, ritrovata in Egitto a metà del XIX secolo. È detta “di Zagabria” (nel cui museo archeologico è ancora conservata) perché fu riportata dall’Egitto come cimelio dal croato Mihail de Brariæ. Il testo riporta un calendario rituale.
- la Tessera hospitalis rinvenuta nell’area sacra di Sant’Omobono a Roma
- l’Urna cineraria proveniente da Volterra
- la statuetta di culsans e di selvans
Nella mostra del MAEC sono esposti anche i documenti che ci raccontano degli studi fatti nell’ultimo secolo relativi a questi reperti archeologici.