
copyright Francesca Pontani
il post fa parte della serie UN OGGETTO IN UN DETTAGLIO
Al primo piano del Museo alle Terme di Diocleziano ti trovi davanti questo frammento: era un rilievo commemorativo delle imprese di un ignoto gladiatore, che venne raffigurato in diversi combattimenti con i suoi avversari. Ci sono le iscrizioni che indicano il numero dei combattimenti vinti e ci sono anche i nomi dei gladiatori sconfitti: Improbo, Panterisco, Ilaro. Venne ritrovato presso il Mausoleo di Cecilia Metella, sull’Appia Antica ed è datato III secolo d.C.
Davanti a questo rilievo è come guardare la TV: sei seduto sulla poltrona e non puoi fare a meno di fare il tifo per una squadra o per l’altra.
IMMAGINI IN TECHNICOLOR
Io chiudo gli occhi, e nella mente mi balenano delle immagini, le immagini di un gladiatore famoso, reso famoso da un film…No, no, non sto pensando a Russell Crowe (troppo scontato ?!) ma al kolossal hollywoodiano di Stanley Kubrick, con Kirk Douglas che fa Spartaco.
Sì, proprio lui l’ex-soldato- schiavo-poi-gladiatore-e-in-fine-fuggitivo che ha un’idea rivoluzionaria per l’epoca: ribellarsi ad un potere precostituito che impone l’esistenza della condizione di schiavitù.
Una condizione che a noi oggi ripugna, ma che invece, per l’epoca, era una condizione di fatto: quella che potessero esistere persone non solo prive di diritti ovvi per il cittadino romano, ma considerati addirittura degli esseri paragonabili a degli animali da soma.
SPARTACO E LA LOTTA DI CLASSE
Bene: Spartaco tenta di sovvertire tutto questo.
E’ il gladiatore più famoso della storia antica, ma anche di quella moderna, tanto che per Karl Marx era un eroe, un
“vero rappresentante del proletariato antico”.
La rivoluzionaria socialista Rosa Luxemburg in onore di Spartaco dà al suo movimento il nome di Lega Spartachista.
E poi c’è Hollywood, con il kolossal Spartacus, di Stanley Kubrick interpretato da Kirk Douglas e molti altri riferimenti al suo nome e alle sue gesta.
Secondo lo storico Luciano Curreri
“è molto probabile che Spartaco provenisse da una classe sociale elevata, forse era sposato a una sacerdotessa, parlava le lingue e in generale possiamo dire quasi con certezza che era un uomo colto e preparato militarmente”.
A Roma, come in tutto il mondo antico, un’estesa alleanza di classe tra gli schiavi e i liberi era del tutto impensabile: la maggioranza degli uomini liberi, per quanto povera, stimava la propria condizione sociale assolutamente superiore a quella degli schiavi, con i quali non si sarebbe mai confusa.
E’ sintomatico che il proletariato urbano non aderì minimamente alla rivolta:
”nessuna città cooperava con i gladiatori –dice Appiano– ma soltanto schiavi, disertori e gente raccogliticcia”.
Pure, il fascino della personalità di Spartaco e la generosità del suo tentativo hanno esercitato un forte richiamo sui rivoluzionari dell’età moderna.
Karl Marx lo definì “un grande generale… un carattere nobile”, ma allo stesso tempo Marx ebbe chiaro che
“nell’antica Roma la lotta di classe si svolgeva all’interno di una minoranza privilegiata, tra i liberi cittadini ricchi e i liberi cittadini poveri, mentre […] gli schiavi non servivano che da piedistallo passivo a questa lotta”.
Tutti gli storici antichi che hanno narrato della rivolta di Spartaco sono concordi nel riconoscere a questo personaggio delle qualità non comuni.
Secondo Plutarco (Vita di Crasso, 8) egli era
“dotato non solo di grande coraggio e forza, ma anche di intelligenza ed educazione superiore a quelle che ci si poteva aspettare in un uomo della sua stirpe: lo si sarebbe detto piuttosto un greco colto”.
Appiano dice che avrebbe trascinato i suoi compagni alla rivolta facendo appello alla loro dignità e convincendoli
“a lottare per la libertà piuttosto che per uno spettacolo dell’arena (Guerre civili, I, XIV, 116)”.
E’ difficile comunque pensare che Spartaco avesse un programma di rivoluzione politico-sociale. Anche se a lui si unirono molti altri schiavi fuggitivi e, dice Appiano, “dei liberi delle campagne”, si trattava di uomini desiderosi di sottrarsi ad una condizione disperata e non delle avanguardie di una improbabile rivoluzione proletaria.
EMBLEMA DELLA COSCIENZA DI CLASSE
Nel primo anno l’esercito creato da Spartaco dovevano essere di 60.000/70.000 persone e non solo ex-gladiatori, ma anche donne e bambini: quindi un “esercito” di persone variegato con ognuno un ruolo ben preciso “funzionale” alla vita del gruppo.
Spartaco fu un ribelle che gli antichi considerarono solo un servus fugitivus, uno schiavo., mentre per i moderni divenne un emblema, un testimone della coscienza di classe degli schiavi antichi e moderni.
Spartaco era un ex-soldato, probabilmente originario della Tracia, che ad un certo punto della sua vita decide di abbandonare l’esercito romano, diventando così un disertore. Catturato viene reso schiavo, venduto e (per la sua forza fisica) portato a fare il gladiatore nell’arena di Capua (73 a.C.).
Essendo un ex-soldato romano conosceva il “nemico” ed è per questo che riesce a tenere testa a Roma per ben 2 anni, probabilmente adottando strategie utilizzate dall’esercito romano stesso.
Inizialmente Roma sottovaluta la fuga di questi schiavi che sono solo una settantina. Viene perciò mandata una legione “poco preparata” che facilmente resta però sopraffatta da loro che continuano il loro percorso verso Roma. C’è un episodio molto interessante che ci racconta Plutarco: è a questo punto che gettano le armi da gladiatori e si appropriano di quelle dell’esercito romano, “trasformandosi” così loro stessi in esercito.
UN “SOGNO” DURATO SOLO 2 ANNI
La storia comincia nel 73 a. C. a Capua, quando Spartaco guida con successo una ribellione di gladiatori. Presto attorno a lui si forma un esercito di schiavi in fuga che riesce a sconfiggere e a contrastare le legioni che Roma manda per reprimere la rivolta.
Ma il sogno di una vita libera dura solo due anni: nel 71 a.C., gli schiavi di Spartaco vengono sconfitti e sterminati e saranno 6000 quelli di loro che Crasso farà crocifiggere sulla via Appia.
Il corpo di Spartaco però non verrà mai trovato, consegnandolo così all’eternità e al mito.

Pompei Casa della rissa nell’Anfiteatro, 59-79 d.C.
dal sito del Museo Nazionale di Napoli.